Nel mio distratto, disordinato, ma vorace consumo di televisione quest’anno due serial hanno catturato la mia attenzione.

Shamless l’ho recuperato, quasi per caso, grazie alle intensive repliche pomeridiane di Italia Due. Ho visto alcune puntate delle stagioni 2, 3 e 4 (negli Stati Uniti a gennaio 2016 inizia la sesta stagione).

La struttura è quella della classica Sitcom famigliare. Un patriarca, un nutrito stuolo di figli ognuno a rappresentare una delle fasi dello sviluppo, una grande casa, storie che si intrecciano. Vi ricordate l’enorme successo de I Robonson (The Cosby Show, 1984-1992) e le tante imitazioni?

Anche il ritmo è quello della Sitcom. In ogni episodio si intrecciano due o tre storie. La sceneggiatura è punteggiata di battute, ironia, situazioni comiche o grottesche.  Eppure,  sull’Internet Movie Database (http://www.imdb.com), non troverete Shameless tra le sitcom. A Shameless manca il personaggio principale per far parte del genere: il sogno americano.

Senza alcun pudore, infatti, tutti i temi tipici del genere vengono rovesciati. Frank Gallagher, il capofamiglia, è un alcolizzato egoista e narcisista che vive di espedienti, ruba i soldi messi da parte per le bollette, e viene periodicamente cacciato di casa dai figli. La madre, ormai persa da tempo, vive come una barbona sotto qualche ponte di Chicago. I sei fratelli Gallagher, tenuti insieme dalla figlia maggiore, Fiona, tirano a vanti come possono. Come dice l’abstract ufficiale, crescono non grazie, ma nonostante Frank Gallagher.

Già altre serie avevano svecchiato il genere. In Modern Family il patriarca è divorziato e risposato con una ispanica molto più giovane di lui e con un figlio, il primogenito, gay, è sposato con il suo compagno e insieme hanno adottato una bimba asiatica, la figlia è l’unica ad aver costruito una famiglia normale con marito e tre figli. E il giorno del ringraziamento la famiglia allargata siede attorno alla mensa paterna in perfetta armonia. È la classe media, solida, ricca e fiera dei suoi consumi che è diventata anche politically correct.

In Shameless non ci si può permettere il politically correct. Le cose si chiamano col il loro nome, anzi col nome peggiore che hanno. Il sesso è quello che è con i suoi lati piacevoli e le sue miserie e può capitare che il giorno del ringraziamento si muti in rissa e i fratelli Gallagher siano costretti a difendere con le unghie e con i denti le loro camere e il barattolo con i soldi per le spese di casa dall’assalto di Frank e dei suoi soci da bar ubriachi.

Il sogno americano è finito, l’ascensore sociale si è rotto. I Gallagher avrebbero le doti intellettuali ed umane per risalire la china, sanno vincere borse di studio, conquistare la fiducia di persone importanti, fidanzarsi con uomini ricchi e interessanti, ma ogni tentativi di riscatto si scontra, prima o poi con l’impermeabilità delle classi sociali e si ripiomba giù in basso, si è costretti a ricominciare da capo.

Insomma, quello che racconta Shameless è il ritorno della Grande Depressione.

Mr. Robot è un’anteprima (in Italia uscirà nel 2016). Ho scaricato la prima stagione via Torrent. Ho aggiunto i sottotitoli italiani e in una quasi full immersion mi sono visto i dieci episodi in cinque giorni.

In una New York grigiastra con colori da Kodak usa e getta una figura scura scivola lungo i muri, confondendosi con i murales degli street artist, la testa incappucciata e le mani ficcate nelle tasche della felpa. Estrae lo smartphone e si collega a qualche rete wireless, spia la privacy di qualche identità, parla a sé stesso in un lungo, continuo soliloquio.

Intorno una realtà che pare priva di speranze dove rifiuti tossici possono causare impunemente decine di morti, dove bande armate impunemente uccidono e spacciano veleni, dove tutti mentono al proprio datore di lavoro, alla propria fidanzata, a sé stessi. Gli unici brandelli di verità sono quelli rubati, violati.

Chi è Elliot Alderson? Un depresso? Un tossico? Uno squilibrato? Un giustiziere? Un uomo perduto alla ricerca di un’identità?  Un terrorista?

– La classe media non esiste più – dice a un certo punto la sorella di Elliot – i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Bisogna pur fare qualcosa –.

Ancora torna l’idea della depressione, della fine del sogno americano, dell’ascensore sociale che non funziona più. Ma qui prende la forma della solitudine, una solitudine così estrema e radicale che può diventare rivoluzionaria.